Nel momento stesso in cui si voltò per capire chi lo stesse chiamando, Onophrio fece un cenno di dissenso con gli occhi, poi si girò nuovamente e riprese la strada verso casa.
Fra Mark non si diede per vinto, raggiunse il libraio e si posizionò a fianco a lui.
«Non credo ai miei occhi» disse con il respiro affannato provocato dalla camminata sostenuta.
Onophrio non diede importanza alle parole del frate e non fermò la sua avanzata.
«Lo sapevo che non era poi così cattivo…» continuò il giovane frate, quasi camminando all’unisono con lui. L’uomo lo degnò solo di uno sguardo fugace e quando si trovò di fronte all’ingresso della libreria, un’altra voce proveniente dalla sua destra lo costrinse a voltarsi.
«Signor Walsh! Signor Walsh!» urlava una donna vestita di nero, con un cappellino di lana nero che le arrivava fin quasi alle sopracciglia, e che lasciava intravedere solo parzialmente i cappelli biondo ossigenato che le arrivavano fino alle orecchie. Onophrio distolse nuovamente lo sguardo dalla donna che, intanto, si era messa a sbracciare per cercare di attirare la sua attenzione.
«Cosa c’è?» rispose Onophrio, quasi seccato.
«Oh, signor Walsh, meno male che l’ho trovata. Devo assolutamente cambiare un libro che ho comprato ieri!»
«Non si cambiano i libri!» rispose l’uomo, con un tono che non ammetteva obiezioni e, ruotata la chiave nella serratura, si portò dentro il negozio.
«Ma signor Walsh,» continuò la donna, seguendo il libraio «aveva ragione lei, non fa per me questo romanzo. È così…come dire, così…la prego signor Walsh!»
«No!» urlò, voltandosi con foga verso la donna. Mark, che intanto era entrato insieme alla coppia e che non aveva proferito parola, rimase immobile a guardare il volto della donna che, con la pelle quasi diafana e due occhi enormi che le sbucavano dalle orbite, era rimasta ammutolita da quella reazione.
Onophrio rimase con gli occhi quasi infuocati puntati verso la donna, si mosse verso di lei, le strappò il libro dalle mani, andò verso il banco, aprì la cassa, prese dei soldi e infine li diede in mano alla donna. «Se ne vada!» La donna, ancora tremante per la reazione inaspettata del librario, tentennò un sì con la testa, guardò con gli occhi sottecchi il frate e uscì velocemente dal negozio.
Appena la donna ebbe chiuso la porta dietro sé, l’uomo si voltò verso il frate «Perché sei tornato?» domandò con fare seccato e, squadrandolo dall’alto verso basso, si rese conto che aveva indosso il saio francescano.
«Volevi dimostrarmi che sei davvero un frate? Sai quanto mi interessa saperlo? Lo vuoi sapere? Non me ne frega niente! Io vendo libri e basta, il resto è inesistente. Hai capito? Adesso, a meno che tu non voglia comprare altri libri, puoi anche andartene!»
«Io davvero non capisco,» rispose Mark, facendo di no con la testa «crede che non abbia visto come si comporta fuori? Perché è così antipatico con i suoi clienti? Dovrebbe cercare di essere più gentile e consigliare sempre una buona lettura. Io credo che un libraio debba comportarsi così, invece di trattare male le persone. Chissà quanti clienti perde ogni giorno a causa del suo comportamento!»
Onophrio estrasse nervosamente dalla tasca un fazzoletto e si pulì il naso.
«Vuoi insegnarmi come si fa il mio lavoro? Va’ a fare le tue prediche in chiesa, non qui. Vai, non so chi tu sia e non voglio saperlo. Porta te e il tuo credo fuori da questo negozio!»
«Lei è davvero insopportabile, nevrotico e…comunque,» aggiunse, cercando di trattenere il suo disappunto «sono tornato perché ho deciso di cambiare un libro che ho preso questa mattina.» Onophrio sbatté con forza il pugno sul banco. «Non si cambiano i libri!» pronunciò a denti stretti, ma con la rabbia trattenuta in gola, poi il suo sguardo fu catturato dal grande orologio tondo appeso sopra una libreria, e cambiò espressione.
«Devo chiudere» disse, accompagnando frettolosamente il frate alla porta e, dopo avergli intimato nuovamente di non farsi vedere se non per acquistare dei libri, gli chiuse la porta dietro e ruotò il cartellino che indicava che il negozio era chiuso.
Onophrio diede due mandate di chiave e le mise in tasca, si diresse velocemente verso la scala a chiocciola e mentre si mangiava i gradini bisbigliò un: «Arrivo…»