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I segreti di Onophrio (quarta parte)

Nel momento stesso in cui si voltò per capire chi lo stesse chiamando, Onophrio fece un cenno di dissenso con gli occhi, poi si girò nuovamente e riprese la strada verso casa.
Fra Mark non si diede per vinto, raggiunse il libraio e si posizionò a fianco a lui.
«Non credo ai miei occhi» disse con il respiro affannato provocato dalla camminata sostenuta.
Onophrio non diede importanza alle parole del frate e non fermò la sua avanzata.
«Lo sapevo che non era poi così cattivo…» continuò il giovane frate, quasi camminando all’unisono con lui. L’uomo lo degnò solo di uno sguardo fugace e quando si trovò di fronte all’ingresso della libreria, un’altra voce proveniente dalla sua destra lo costrinse a voltarsi.
«Signor Walsh! Signor Walsh!» urlava una donna vestita di nero, con un cappellino di lana nero che le arrivava fin quasi alle sopracciglia, e che lasciava intravedere solo parzialmente i cappelli biondo ossigenato che le arrivavano fino alle orecchie. Onophrio distolse nuovamente lo sguardo dalla donna che, intanto, si era messa a sbracciare per cercare di attirare la sua attenzione.
«Cosa c’è?» rispose Onophrio, quasi seccato.
«Oh, signor Walsh, meno male che l’ho trovata. Devo assolutamente cambiare un libro che ho comprato ieri!»
«Non si cambiano i libri!» rispose l’uomo, con un tono che non ammetteva obiezioni e, ruotata la chiave nella serratura, si portò dentro il negozio.
«Ma signor Walsh,» continuò la donna, seguendo il libraio «aveva ragione lei, non fa per me questo romanzo. È così…come dire, così…la prego signor Walsh!»
«No!» urlò, voltandosi con foga verso la donna. Mark, che intanto era entrato insieme alla coppia e che non aveva proferito parola, rimase immobile a guardare il volto della donna che, con la pelle quasi diafana e due occhi enormi che le sbucavano dalle orbite, era rimasta ammutolita da quella reazione.
Onophrio rimase con gli occhi quasi infuocati puntati verso la donna, si mosse verso di lei, le strappò il libro dalle mani, andò verso il banco, aprì la cassa, prese dei soldi e infine li diede in mano alla donna. «Se ne vada!» La donna, ancora tremante per la reazione inaspettata del librario, tentennò un sì con la testa, guardò con gli occhi sottecchi il frate e uscì velocemente dal negozio.
Appena la donna ebbe chiuso la porta dietro sé, l’uomo si voltò verso il frate «Perché sei tornato?» domandò con fare seccato e, squadrandolo dall’alto verso basso, si rese conto che aveva indosso il saio francescano.
«Volevi dimostrarmi che sei davvero un frate? Sai quanto mi interessa saperlo? Lo vuoi sapere? Non me ne frega niente! Io vendo libri e basta, il resto è inesistente. Hai capito? Adesso, a meno che tu non voglia comprare altri libri, puoi anche andartene!»
«Io davvero non capisco,» rispose Mark, facendo di no con la testa «crede che non abbia visto come si comporta fuori? Perché è così antipatico con i suoi clienti? Dovrebbe cercare di essere più gentile e consigliare sempre una buona lettura. Io credo che un libraio debba comportarsi così, invece di trattare male le persone. Chissà quanti clienti perde ogni giorno a causa del suo comportamento!»
Onophrio estrasse nervosamente dalla tasca un fazzoletto e si pulì il naso.
«Vuoi insegnarmi come si fa il mio lavoro? Va’ a fare le tue prediche in chiesa, non qui. Vai, non so chi tu sia e non voglio saperlo. Porta te e il tuo credo fuori da questo negozio!»
«Lei è davvero insopportabile, nevrotico e…comunque,» aggiunse, cercando di trattenere il suo disappunto «sono tornato perché ho deciso di cambiare un libro che ho preso questa mattina.» Onophrio sbatté con forza il pugno sul banco. «Non si cambiano i libri!» pronunciò a denti stretti, ma con la rabbia trattenuta in gola, poi il suo sguardo fu catturato dal grande orologio tondo appeso sopra una libreria, e cambiò espressione.
«Devo chiudere» disse, accompagnando frettolosamente il frate alla porta e, dopo avergli intimato nuovamente di non farsi vedere se non per acquistare dei libri, gli chiuse la porta dietro e ruotò il cartellino che indicava che il negozio era chiuso.
Onophrio diede due mandate di chiave e le mise in tasca, si diresse velocemente verso la scala a chiocciola e mentre si mangiava i gradini bisbigliò un: «Arrivo…»

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I segreti di Onophrio (terza parte)

Il libraio rimase a fissare la mano del religioso senza fiatare, poi si mosse e gli passò di fronte evitando di ricambiare quel gesto e dirigendosi verso la porta a vetri che inavvertitamente era rimasta aperta. Una folata di vento appuntita come una lama gli schiaffeggiò il volto e gli provocò un istantaneo starnuto. Onophrio socchiuse gli occhi, afferrò con forza la maniglia e chiuse la porta con decisione, tornò sui suoi passi soffiandosi il naso con un fazzoletto di stoffa che estrasse dalla tasca dei pantaloni e diede un’occhiata fugace al ragazzo che, occhio e croce, poteva avere una trentina d’anni. L’uomo evitò di fare una domanda che chiunque di fronte a quella presentazione avrebbe fatto e si limitò, come suo solito, ad attendere le parole del cliente. Il frate, però, contrariamente a quanto si aspettava il libraio, non aprì bocca, anzi, cominciò a curiosare dentro la libreria. Si portò verso l’interno e ne ispezionò gli angoli più nascosti. Esaminò dall’alto verso basso le pile di libri e la quantità esagerata di volumi che erano infilati nelle scaffalature. Chiunque avesse assistito alla scena avrebbe notato lo sguardo del giovane frate e di contro lo sguardo torvo del libraio il quale rifletté che, da che egli ne avesse memoria, nessuno era mai entrato nella sua libreria senza dirgli subito che libro desiderasse. Ma il frate non sembrava intenzionato a concludere la sua esplorazione e questo provocò un aumento di nervosismo in Onophrio che, a quel punto, si sentì in dovere di parlare. «Non sono invisibile. E anche se non sono grasso e la mia carne non trasborda dal mio corpo, credo che potresti fare il sacrificio di chiedermi che libro stai cercando.»
Mark si voltò verso l’uomo e accennò ad un sorriso. «Sa che potrei farle la stessa domanda? Mi sono presentato e ha fatto finta di non vedermi, allora ho pensato che tutto sommato la mia presenza non era così necessaria e che, dunque, mi avrebbe fatto bene fare un giro qui dentro e curiosare un po’, prima di decidere cosa e se acquistare.»
«Fai come credi» aggiunse Onophrio, facendo spallucce.
«Perché è così sgarbato?» gli domandò improvvisamente il frate.
«Perché voglio andare in paradiso! O preferisci indicarmela tu, la strada?» gli domandò con un ghigno beffardo.
«Dove trovo la letteratura per ragazzi?» chiese Mark, ruotando la testa a destra e a sinistra. Onophrio lo fissò ancora una volta e si diresse verso il banco della cassa. «Trent’anni mi sembrano davvero troppi per mettersi a leggere
L’isola del tesoro» e presa una cartellina trasparente da sotto il banco, si mise a leggere alcune scartoffie. Mark arrossì lievemente e restò, anch’egli, per un attimo, a guardare il libraio che leggeva con attenzione i fogli che aveva in mano. L’uomo, non ricevendo alcuna risposta, smise di leggere e guardò il frate da sopra gli occhiali. «È in fondo a destra» e accompagnò le parole con un gesto della testa.

Dopo qualche minuto Mark tornò con in mano tre romanzi: “Ventimila leghe sotto i mari, Il barone rampante e L’amico ritrovato che appoggiò timidamente sul bancone. Onophrio prese i libri e digitò il prezzo sul registratore poi, uscito fuori lo scontrino, estrasse una bustina con il logo della libreria da un piccolo cassetto alle sue spalle, vi infilò i libri, staccò lo scontrino e li porse al frate. Mark, che intanto si era preparato i soldi, li allungò al libraio, poi accennò un sorriso unito ad un cenno del capo e si voltò per andare verso l’uscita.
«Perché tanta strada per prendere tre libri?» chiese Onophrio, prima che il frate impugnasse la maniglia della porta.
«Tanta strada?» domandò a sua volta Mark. «La Dyke Road non è poi così distante, sono al massimo quindici minuti a piedi, se non decido di camminare alla svelta!»
«Non ci sono conventi nella Dyke road; tu racconti balle! La storia che sei un frate è una balla. E quei libri non sono per te, saranno sicuramente per qualche nipote o chissà chi…bah, tante preoccupazioni per comprare dei libri per qualcun altro!»
Mark corrugò le sopracciglia e rinunciò ad uscire. «Sono un frate, e posso dimostrarglielo quando vuole!»
«Ora però ho da fare!» lo liquidò Onophrio con un gesto della mano. Il frate trattenne il respiro e si costrinse a non aggiungere altro, fece di no con la testa e uscì dalla libreria.
Onophrio inspirò profondamente e tirò su con il naso una discreta quantità di muco. Il suo raffreddore stava peggiorando, si disse. Sarebbe stato meglio prendere qualcosa. Mise entrambe le mani sopra il bancone e rimase qualche istante a riflettere: aveva certamente qualche aspirina in casa. Fece memoria di dove potessero essere e si portò verso l’ala destra della libreria, andò piano, quasi timoroso, ma quando si trovò di fronte alla scala a chiocciola cambiò idea. Prese la giacca, dall’appendiabiti, avvolse la sciarpa al collo, indossò un cappello color cenere e si portò verso l’ingresso. Prima di uscire si affacciò fuori: stava piovendo. Guardò in basso a sinistra della porta a vetri e allungò la mano per prendere un ombrello. Girò il cartellino che da
aperto si trasformò in torno subito, uscì e si chiuse la porta dietro. Mentre si avviava in farmacia controllò l’orologio e notò abbastanza contrariato che la discussione inutile con il frate gli aveva fatto perdere parecchio tempo e che, senza rendersene conto, era già mezzogiorno. Onophrio accelerò il passo.
«Buongiorno signor Walsh!» lo salutò cortesemente una donna.
«Buongiorno a lei signorina Doroty» rispose prontamente il libraio, sollevando leggermente il capello e accennando un inchino. La farmacia non era lontana, due isolati e sarebbe arrivato.
«Tutto bene, Onophrio?» gli domandò un suo coetaneo.
«Egregiamente, Max. Tu come stai?»
«Solite cose» rispose l’uomo.
«Scappo che sono di fretta» lo salutò Onophrio con un sorriso sulle labbra.
Arrivato di fronte alla farmacia, Onophrio chiuse l’ombrello e lo scosse dalla pioggia, poi lo appoggiò alla destra dell’ingresso e si fece strada. La farmacista al banco lo salutò cortesemente, lui contraccambiò il saluto e chiese gentilmente se avesse qualcosa per fargli passare quel tremendo raffreddore che lo torturava ormai da diversi giorni.
«Lei lavora troppo, signor Walsh, dovrebbe cercare di riposarsi di più e, soprattutto, di aggiustare il riscaldamento di quella vecchia libreria!»
«Ha ragione signorina Murphy, ma coi tempi che corrono i soldi sono sempre pochi»
La farmacista lo guardò con occhi comprensivi e ripieni di pietà e gli porse la medicina. L’uomo pagò, ringraziò e uscì dal negozio. Aprì l’ombrello e si diresse nuovamente verso la libreria. Onophrio guardò verso l’alto e il suo sguardo si perse nel grigiore del cielo, e quella massa plumbea, forse per la prima volta nella sua vita, lo fece rifletté di quanto non fosse più cupa della vita stessa.
L’uomo si strinse a sé la giacca e continuò a percorrere la strada a ritroso, salutando cordialmente tutte le persone che incontrava, fino a quando una voce alle sue spalle non lo costrinse a voltarsi.

(continua)

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